Pier Paolo Pasolini

Anche Marcuse adulatore?

So da una intervista del «Paese Sera» che Marcuse avrebbe definito i giovani studenti «i veri eroi del nostro tempo». Dunque anche Marcuse è un adulatore?

Questa nota è pretestuale. Prendo in esame il Marcuse… manipolato dell’intervista, non quello vero.

di Pier Paolo Pasolini

So da una intervista del «Paese Sera» che Marcuse avrebbe definito i giovani studenti «i veri eroi del nostro tempo» (la parola «eroi» è usata in senso positivo, non per esempio, come potrebbe essere usata a proposito, di Hitler o di Molotov).

Dunque anche Marcuse è un adulatore? Egli probabilmente aveva voluto dire «protagonisti», che sono eroi in accezione sospesa. Io però direi piuttosto «antagonisti», poiché i veri protagonisti sono, ancora, i vecchi e i giovani che stanno dalla parte dei vecchi (ossia protagonista è la maggioranza).

Inoltre va precisato che se è giusto distinguere il problema dei giovani in Occidente dal problema dei giovani in Oriente, mi sembra tuttavia assolutamente necessario anche distinguere il problema dei giovani in Paesi di cultura anche marxista e il problema dei giovani in Paesi privi di cultura marxista.

Marcuse infatti parla di «eroi» (diciamo «antagonisti»), riferendosi in particolar modo all’America e alla Germania Occidentale: due Paesi privi di tradizione culturale marxista. E qui la loro funzione antagonista può essere abbastanza lecitamente qualificata con l’attribuzione di «eroica», in senso positivo. Molto meno in Paesi come la Francia e l’Italia (il Papa stesso ormai ha assimilato nelle sue encicliche la tradizione culturale marxista).

È proprio l’atteggiamento e l’azione politica dei giovani in Francia e in Italia che mostra il fondo «adulatorio» della frase del Marcuse «intervistato» e la sua imprecisione.

Infatti gli studenti francesi e italiani, mettendo in crisi la cultura marxista tradizionale (a ragione), anziché ricostruirla, progredendo, in sostanza la rifiutano, regredendo. Regredendo su quali posizioni? Su posizioni risorgimentali. L’analogia tra i moti costituzionali del 1848 e i moti riformistici del 1968 è impressionante. E questo cosa significa? Significa che la borghesia si schiera nelle barricate contro se stessa, che i «figli di papà» si rivoltano contro i «papà», continuando una tradizione in cui la vera protagonista della storia è la borghesia, Insomma gli studenti sono una miriade di pragmatici ed energici McLuhan, che, in sostanza mettono in crisi il loro mondo borghese per reificarlo.

Aggiungo che la loro indifferenza per la Resistenza dimostra che la Resistenza non è stata (come erroneamente si crede) un ultimo episodio del Risorgimento: vi hanno infatti partecipato gli operai e i contadini. Essa è stata quindi, sia pure parzialmente e confusamente, rivoluzionaria.

Ora, la meta degli studenti non è più la Rivoluzione, bensì la Guerra Civile. Ma ripeto, la Guerra Civile è una guerra santa che la borghesia combatte contro se stessa, perché, come dice il vecchio Lukàcs, essa «non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali».

Quindi, se eroi sono, gli studenti sono eroi di una Guerra Civile, i cui primi episodi si stanno forse ormai combattendo, e che finiranno col perdere: dato che anche una loro vittoria altro non significherebbe che una intelligente e rapida serie di riforme (le Guerre Civili, anche se vinte dai «nostri», non hanno mai avuto altri risultati). Comunque allora bisogna dirlo ben chiaro: addio Rivoluzione. La storia futura è una storia borghese, grazie ai suoi bravi ed eroici studenti.*

* Mentre scrivevo questa nota non era ancora uscita la stupida e preistorica nota della «Pravda» contro Marcuse.

Pubblicato in Nuovi Argomenti, n.s., 10, aprile-giugno 1968

 

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