di Marco Travaglio
Dopo le rentrée, l’anno scorso, della soprano Anna Netrebko alla Scala e del direttore d’orchestra russo Valerij Gergiev a Ravello, si sperava che la ridicola ondata russofoba seguita all’invasione dell’Ucraina fosse finita. E che si tornasse a ragionare con la testa, anziché col deretano, sulla differenza fra un governo e un popolo. Inclusi gli artisti, ai quali va chiesto solo di esibire il loro talento, a prescindere dalle idee politiche, che sono affari loro (poi vorremmo vederli, i nostri intrepidi dissidenti da divano, sfidare Putin a Mosca rischiando la pelle, visto che passano il tempo a leccare il potere persino in Italia rischiando di moltiplicare stipendi e prebende). Invece le Sturmtruppen han ripreso a delirare. Gergiev, cacciato dalla Scala nel 2022, riaccolto a Ravello nel ’24 e ora invitato a Caserta, non deve esibirsi: l’ha ordinato l’ambasciata di Kiev in stereo coi trombettieri Calenda, Picierno, Sensi, Gelmini&C. Non poteva mancare Rep, che otto mesi fa turibolava la Natrebko “regina della lirica, soprano russa senza confronti, voce da brivido, piglio da diva e carisma ammaliante… scoperta dal geniale direttore Gergiev” e ora pubblica una paginata delirante della povera vedova Navalny. Che rimprovera a Gergiev persino “un concerto di propaganda sulle rovine della storica Palmira in Siria”. Ma Palmira e il suo sito archeologico erano stati occupati e distrutti dall’Isis e la riconquista russa fu salutata in Occidente come un trionfo contro il terrorismo. Persino il “liberale” Giuli vede nel concerto con Gergiev una “cassa di risonanza della propaganda russa”. Scemenze che si aggiungono al corso di Nori sul noto putiniano Dostoevskij annullato dalla Bicocca, ai balletti di Cajkovskij – altro complice del Cremlino – cancellati dai teatri, agli autori russi banditi dalla Fiera del libro per ragazzi, agli atleti russi e bielorussi fatti fuori da Olimpiadi e Paralimpiadi, alla quercia di Turgenev espulsa dal concorso Albero dell’Anno, alla Russia estromessa dalle celebrazioni per la liberazione di Auschwitz (noto merito delle truppe ucraino-americane), al Moscow mule ribattezzato Kiev mule, ai gatti russi squalificati dalle fiere internazionali feline per evitare cybermiagolii da guerra ibrida.
Per la cronaca, a Caserta si esibirà anche il direttore d’orchestra israeliano Daniel Oren che nel 1982, dopo la strage di Sabra e Chatila nel Libano occupato da Israele, fu pesantemente insultato al teatro San Carlo di Napoli. Ma stavolta, per fortuna, nessuno dei fanatici che affibbiano a Gergiev le colpe di Putin si sogna di accollare a lui quelle di Netanyahu. Ora Gergiev e Oren potrebbero proporre agli organizzatori un piccolo ritocco al cartellone e dirigere insieme l’unica opera davvero in linea con i tempi: i “Pagliacci”..
Il Fatto Quotidiano, 16 luglio 2025