di Elena Basile
Il 2 giugno sulla Stampa Stefano Stefanini, ambasciatore a riposo, scrive un articolo trionfalistico in relazione all’attacco ucraino alla Russia. Caro Stefano, quale trasformazione antropologica ti ha colpito come una infezione che si diffonde e non risparmia quasi nessun componente dell’élite europea? Purtroppo non siamo di fronte a una partita di calcio: gol! Un punto per l’Ucraina. Come ha testimoniato il New York Times in un articolo già dimenticato dalla propaganda corrente, gli attacchi in territorio russo avvengono in virtù di una struttura piramidale al cui vertice ci sono l’intelligence, gli addestratori occidentali senza i quali l’Ucraina, del resto finanziata e armata, tenuta artificialmente in vita dai Paesi Nato, non potrebbe effettuare alcuna controffensiva, soprattutto non potrebbe colpire bersagli strategici in territorio russo.
Dobbiamo quindi essere soddisfatti per un attacco Nato a 40 bombardieri nucleari russi? Eppure sappiamo che secondo la dottrina militare un attacco Nato a obiettivi strategici viene visto da Mosca come la concretizzazione della minaccia esistenziale alla Federazione russa in grado di provocare una risposta nucleare legittima e difensiva. Zelensky, che ha svenduto il suo Paese a interessi neoconservatori dello Stato profondo statunitense, oggi trasferitosi in Europa, in caso di risposta nucleare tattica sarà contento di vedere la fine materiale dell’Ucraina? Si considera questo rischio minimo perché è sulla pelle degli ucraini? Mosca non colpirebbe un Paese Nato per timore di rappresaglie nucleari contro il proprio territorio. Kiev non è difesa dall’articolo 5 e dubito fortemente che “i quattro moschettieri” (Starmer, Macron, Merz e Tusk) rischierebbero un attacco sul loro territorio per difendere Kiev. Gli ucraini come i gazawi sono sacrificabili.
È possibile l’escalation, vedere il bluff di Putin rischiando la sopravvivenza di un Paese. Probabilmente Mosca non cadrà nella trappola. Dobbiamo la limitazione dell’escalation al sangue freddo dell’esacrato autocrate mentre i dirigenti democratici pazzerelloni si divertono a provocarlo. La risposta mi auguro non sarà nucleare, ma rappresenterà un gradino in più nell’escalation, mai vista durante la Guerra fredda, che ci sta portando ogni giorno più vicini all’abisso di uno scontro diretto Nato-Russia, quindi alla Terza guerra mondiale. L’opinione pubblica come la rana bollita di Chomsky, è ormai assuefatta. C’è in gioco la vita di figli e nipoti in Europa innanzitutto. Ma che importa? Essa richiama la nostra attenzione per una battuta cinica a tavola e un altro brindisi.
La tesi delirante che sottostà alle analisi di tanti editorialisti è sempre la stessa. Bisogna spaventare l’orso, Mosca deve arrivare con la coda tra le gambe ai negoziati, sapendo di essere vulnerabile. Sono trascorsi tre anni di guerra con centinaia di migliaia di morti e questa tesi è stata sconfessata dai fatti. Ogni atto di guerra ucraino e occidentale ha sempre avuto una risposta al rialzo da parte di Mosca. Del resto l’espansionismo della Nato in un quadro unipolare aveva come fine la resa della Federazione russa, che avrebbe dovuto realizzare di essere il perdente della Guerra fredda, come chiosava Condoleezza Rice, e accettare il suo posto nella gerarchia delle potenze. Non mi sembra che la strategia sia riuscita. La Russia, la cui storia è stata nei secoli una manifestazione di sovranità e patriottismo, non ha piegato la testa ma prima con l’annessione della Crimea e poi con l’invasione dell’Ucraina, ha accettato il gioco d’azzardo della Nato, fomentando l’escalation.
Di fronte alla caparbietà con cui le élite europee della Nato continuano, contro lo stesso presidente statunitense, a fomentare la guerra e a spingere l’escalation fino al conflitto nucleare tattico in Ucraina, ci si domanda se non abbiano una loro razionalità basata su una carta di riserva che non ci è dato di conoscere. Puntano a trascinare Mosca in un attacco nucleare tattico contro l’Ucraina sperando che il livello di distruzione provocato isoli Putin anche in ambito Brics? Sarebbe facile allora applicare nuove sanzioni questa volta eseguite anche da paesi terzi rispetto alla Nato e continuare la guerra fino alla caduta del regime? Un piano demoniaco degno dei personaggi psicopatici dei film hollywoodiani. Quarantamila morti gazawi fa, mi sono rivolta al Presidente Mattarella per chiedergli di condannare il tentato genocidio dei palestinesi. Vedo che finalmente, anche se tardivamente, la condanna è arrivata. Non vorrei che, affinché vengano sconfessate le politiche neoconservatrici dello Stato profondo Usa, si debba attendere la catastrofe nucleare tattica a Kiev, il sacrificio totale del popolo ucraino.
Il Fatto Quotidiano, 4 giugno 2025