Chi rappresenta gli interessi europei?

Dopo l’accordo genuflesso di Ursula von der Leyen con il presidente Trump persino in qualcuno dei tradizionali trangugiatori di panzane europeiste di Repubblica/Corriere è iniziato ad albeggiare un dubbio. Che...

Dopo l’accordo genuflesso di Ursula von der Leyen con il presidente Trump persino in qualcuno dei tradizionali trangugiatori di panzane europeiste di Repubblica/Corriere è iniziato ad albeggiare un dubbio.

Che quello che plana all’orizzonte sia l’uccello padulo?

Che quella minestra marroncina e maleodorante che mi hanno somministrato per anni sia davvero quello che sembra?

Ma è solo un momento di incertezza.

Si riprendono subito e si inalberano pronti a chiedere “più Europa!”, “più produttività!”, “più competitività!” e “meno sprechi!”. Che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ca**o!

La soluzione per questa generazione di tragici babbei è sempre la stessa: una dose maggiore della stessa ricetta predicata per decenni e che ci ha accompagnato giù per la scarpata. Ma questa volta facendo sul serio!

Ora, questo gruppo sociale di beoti rappresenterà forse il 25% della popolazione, ma costituisce la guardia pretoriana che difende la roccaforte del potere reale, quello che ci sta facendo a pezzi. Questi non hanno alcuna condizione di particolare privilegio, non partecipano della divisione delle prebende che avviene tra le oligarchie, ma nutrendosi come piccoli pellicani dei rigurgiti ideologici delle élite, le difendono a spada tratta, accusando i critici con l’usuale armamentario (sovranisti, populisti, comunisti, fascisti, rossobruni, complottisti, ecc. ecc.).

Quando si guarda alla von der Leyen e ci si lamenta del fatto che abbiamo assistito ad una “capitolazione” si dice una cosa in parte giusta, ma in parte assai fuorviante. Qui non c’è stata nessuna capitolazione perché gli interessi che si volevano tutelare sono stati tutelati.

Per parlare di una capitolazione dovremmo assumere che la von der Leyen, la Kallas, la Meloni, la Picierno, la Lagarde (apropos: girls power!) siano lì a rappresentare gli interessi europei.

Ma questo è un completo fraintendimento.

Questi soggetti sono membri di una ristretta élite che si muove in diretta prossimità con grandi oligarchie economiche transnazionali (quelle che, tra le altre cose, gestiscono l’informazione), i cui interessi semplicemente sono del tutto indipendenti da quelli dei popoli europei.

Poi, di volta in volta, a seconda di quale interesse particolare sia stato promosso, verrà inserito il gettone nel jukebox di qualche economista a ore che vi spiegherà autorevolmente come fare gli interessi di questa o quella multinazionale sia esattamente nel tuo interesse di operaio, impiegato, professore, barbiere, ecc.

Fidatevi degli esperti e cacciate la grana, poche storie.

 

Quello che sta avvenendo in Europa non è nessuna “capitolazione”, ma è un processo ben noto, un processo che è stato visto per lungo tempo in America Latina, dove ristrette oligarchie hanno mantenuto posizioni di straordinario privilegio occupando gli snodi dei traffici cruciali con gli USA.

Nel linguaggio marxista (che continua a fornire strumenti utili, nonostante la cattiva reputazione acquisita) si usava contrapporre la “borghesia nazionale” alla “borghesia compradora” (comprador bourgeoisie). Mentre la borghesia nazionale, pur rimanendo ovviamente legata ai propri interessi di classe, operava conservando un interesse nella prosperità del proprio paese (e dunque, magari in maniera indiretta, veicolando alcuni benefici all’intera popolazione) la borghesia compradora svolge la funzione di agente per organizzazioni estere, di solito multinazionali, promuovendone gli investimenti locali e mediandone i proventi. Il CEO della filiale italiana di una multinazionale farmaceutica, lo “sviluppatore” immobiliare internazionale che risiede a Milano, ecc. non dipendono in nessuna misura per il proprio benessere economico dalle sorti dell’economia e della società italiana.

Ma sono proprio questi soggetti ad essere rappresentati da Ursula-elmetto-dorato nei consessi internazionali.

L’esito naturale di questo processo di “sudamericanizzazione” è la distruzione della classe media, e la creazione di un’élite economica che di fatto vive al di sopra della legge (perché quando le differenze economiche sono enormi all’interno di una società, tutti sono ricattabili e il potere economico si trasforma senza difficoltà in qualunque altro potere).

Naturalmente, se qualcuno nota che l’esistenza di una borghesia con interessi nazionali, o di una politica attenta alla sovranità economica, o di una società che preservi una qualche identità culturale, pur non essendo il paradiso in terra, sono comunque meglio che venire smembrati da oligarchie remote, ecco che immediatamente si scatenano i cani da guerra dei giornali e dell’accademia, pronti a riempirsi la bocca con accuse di “sovranismo”, “nazionalismo”, “sciovinismo”, ecc.

Con la guardia pretoriana di quel 25% di semicolti che si avventa a comando sui malcapitati.

E niente, va bene così.

Solo risparmiateci le sceneggiate d’improvvisa sorpresa rispetto al fatto che “non si sono fatti gli interessi europei”, che “questa è un’inaspettata capitolazione”, ecc. No, questa è l’unica direzione chiara e manifesta in cui stiamo andando da decenni.

Dunque tornate pure a occuparvi di Schwa, che il pilota automatico funziona benissimo.

Andrea Zhok

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