Roberto Benigni, Sanremo 2023

A una Costituzione sfregiata in pandemia come in guerra il colpo di grazia lo dà Benigni

Nella predica del comico è tornata di moda la libertà. Anche se il presidente ammonì: «Non la si invochi per non inocularsi», alla faccia dell’art. 21. Silenzio sull’invio di armi

LE PREDICHE DI BENIGNI

Adesso la libertà torna di moda
Ma in pandemia era più scomoda

Nella predica del comico è tornata di moda la libertà. Anche se il presidente ammonì: «Non la si invochi per non inocularsi», alla faccia dell’art. 21. Silenzio sull’invio di armi

di Francesco Borgonovo

Avevano promesso un Sanremo fluido, e così è stato fin da subito. Fluidità dei ruoli, soprattutto. Il giullare di corte, ad esempio, invece di mettere il potere alla berlina – prendendosi il lusso di dire la verità ridendo – si è messo a compiacerli, i potenti, facendosi apostolo della mistificazione. Risultava difficile, dunque, capire chi fosse davvero il giullare e chi il potente, o se i potenti e i giullari coincidessero. Cosa certa: le menzogne non sono mancate. Roberto Benigni, nei suoi immaginiamo ben retribuiti 20 minuti di monologo, è riuscito a fluidificare parecchio pure la realtà. Dopo essersi genuflesso come si conviene a Sergio Mattarella, si è messo concionare sulla bellezza della Costituzione che sarebbe, a suo dire, un’opera d’arte. Ogni rigo della Carta è un capolavoro, ci ha fatto sapere. Ed è curioso ricordare come il bravo Roberto di quel capolavoro fosse ben disposto a correggere qualche non irrilevante passaggio, all’epoca in cui sosteneva Matteo Renzi e chiedeva di votare sì al referendum. Ma questa, appunto, è un’era fluida: i ruoli cambiano, e il buffone non sbeffeggia il re bensì il popolo che gli paga lo stipendio. La storia, pure, diventa malleabile, è terracotta che si può rimodellare a piacimento. Benigni, ad esempio, ha cercato di riplasmare la memoria eliminando le tracce degli ultimi tre anni e mezzo. Tra un inchino al presidente e un superlativo («è bellissima!», «è fantastica!») ha celebrato la Costituzione come fondamento d’ogni libertà, come argine al vilipendio della dignità umana. Bene, bravo (anzi, bravissimo!), bis. Ci sorge tuttavia il sospetto che egli – già Pinocchio e poi Geppetto – sia rimasto un po’ troppo a lungo nel ventre della balena: gli è sfuggito lo scempio delle libertà e dei diritti portato avanti dai suoi partiti di riferimento durante la pandemia. Robertaccio, dal palco dell’Ariston, ci ha tenuto a far sapere quanto gli stia a cuore l’articolo 21 della Carta, quello che garantisce a tutti la libertà d’espressione. È il suo preferito, ha detto, quello per lui fondamentale. Eppure, pensate un po’, quando quell’articolo è stato ignorato per tappare la bocca ai dissenzienti egli non ha mosso un dito. E così tutti gli impellicciati democratici che ieri a Sanremo si spellavano le mani. Giusto l’anno scorso, a Sanremo, scattarono sanzioni per chi ebbe l’ardire di manifestare contro il green pass, e ovviamente a teatro nemmeno si poteva mettere piede senza il temibile lasciapassare. Ma della dignità umana e della libertà di espressione, allora, non importa nulla a nessuno, tantomeno a Benigni che rimase ben zitto (forse perché non l’avevano retribuito per aprir bocca). In compenso, sul palco salì Fiorello a farsi beffe di chi rifiutava il vaccino, con una gag sui micro-chip a malapena compensata dalle battute di Checco Zalone sui virologi. Tutto scorre, tutto si trasforma: panta Rai. Discriminazioni e censure si perdono nell’oscurità eraclitea, del resto mica si può indispettire Mattarella domandandogli dove fosse e che facesse negli anni passati in questo stesso periodo, perché la risposta potrebbe essere sgradevole a ricordarsi: agli inizi di febbraio del 2021, per dire, era impegnato a spiegare che andare al voto in tempo di pandemia sarebbe stato pericoloso. Nel settembre dello stesso anno, il presidente scodellava un altro concetto elevatissimo: «Non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione». E tanti saluti alla Costituzione e all’articolo 21. Appare vagamente perculatorio pure il fatto che l’altro articolo della Carta su cui Benigni ha voluto soffermarsi fosse l’undicesimo, quello secondo cui l’Italia ripudia la guerra. Se tutte le nazioni ne avessero adottato uno simile, ha detto Roberto, non ci sarebbero più conflitti. Chissà, magari è vero: nessuno invaderebbe i vicini, nessuno sgancerebbe bombe. Però tutti potrebbero inviare armi ai propri amici perché continuino le proprie guerre, esattamente come stiamo facendo noi ora. Ripudiamo la guerra in generale, ovvio, ma ne alimentiamo una in particolare. Sia chiaro: mica ci aspettavamo che il guitto toscano accennasse alla vicenda, sul tema è già stato scritturato Volodymyr Zelensky, che assolverà il compito sabato tramite missiva. Nel frattempo tocca calmare la fame d’impegno politico affidandosi ad altri maestri di pensiero: Chiara Ferragni, in rete da pesca Dior, che ci ricorda quanto sia importante la sovranità sul proprio corpo (di nuovo: vedi questione vaccino affrontata poc’anzi); Blanco che sta al giardinaggio come Faccia di cuoio sta alla chirurgia; presto anche Paola Egonu – celebratissima e pagatissima sportiva – a lamentarsi di quanto sia infernale la sua esistenza di donna nera in Italia. Sarebbe felice Oscar Wilde: tra i diritti fondamentali e le istanze superflue abbiamo optato per queste ultime. A Sanremo viene garantito a chiunque di lamentarsi per la propria condizione di perseguitato, di emarginato e di vessato, a patto che sia ricco, famoso e baciato dal successo: scorrete lacrime, disse il privilegiato. Che volete farci: è l’era fluida, i ruoli si confondono, le vittime divengono carnefici e tutti gli altri divengono vittime, i guitti sono potenti e i potenti guitti, la Storia è un’opinione, la verità è menzogna, la Costituzione più bella del mondo è un capolavoro tutto da riscrivere. Tutto è fluido, solo Sanremo è Sanremo. Cioè uno spettacolo che – proprio in quanto finzione – risulta perfettamente allineato alla politica odierna nel rifiuto ostinato della realtà.

La Verità, 9 febbraio 2023

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