Silvio Micheli Il grande scrittore di “Pane duro”, viareggino troppo comunista per essere ricordato

Silvio Micheli Il grande scrittore di “Pane duro”, viareggino troppo comunista per essere ricordato

FUORIORDINANZA

di Massimo Novelli

Il 23 marzo del 1990 moriva a Viareggio, dove era nato nel 1911, lo scrittore Silvio Micheli, uno dei dimenticati della letteratura. La rimozione è testimoniata dal fatto che il suo romanzo più notevole, Pane duro, non è più stato ristampato dal 1946, l’anno in cui uscì da Einaudi. Fu apprezzato da Italo Calvino, che nel luglio ’46 gli scrisse: “Tu sei l’unica sorpresa di questo dopoguerra”. E Cesare Pavese rivendicò di averlo scoperto: “Se capito su un buon libro, lo dico, e basta. Per es. sono stato io a scoprire Silvio Micheli Pane duro, e ripeto che è una bella cosa”. Storia di un impiegato con velleità letterarie travolto dalla guerra nazifascista, e ambientato tra gli operai, i proletari, i poveri (emergono straordinarie figure di donne, come la ragazza della pianola), Pane duro vinse il Premio Viareggio. Micheli se lo sarebbe aggiudicato pure nel 1960 con L’Artiglio ha confessato, riedito nel 2012 da Marco Del Bucchia, editore di Massarosa. L’iniziativa di Del Bucchia è una delle poche, insieme alla ristampa di Giorni di fuoco per Red Star Press, che incrinano il silenzio crollato su Micheli, partigiano, comunista, fondatore della rivista Darsena Nuova (vi collaborarono Calvino, Natalia Ginzburg, Moravia, Pavese, Enrico Pea, Vasco Pratolini).

Anche la sua Viareggio lo ha dimenticato. Ha scritto Niclo Vitelli, ex dirigente del Pci e già presidente del Festival Pucciniano, nel 2022 su Toscana Today: “Purtroppo sono 32 anni che Silvio Micheli ci ha lasciati. Chi era Silvio? Un personaggio importantissimo che ha contribuito alla storia di Viareggio ma che, in compagnia di molti altri purtroppo, la sua città (…) ha dimenticato. (…) Nelle scuole della Versilia non si conosce Micheli, né le Istituzioni pubbliche e culturali fanno granché perché i suoi libri e i suoi racconti vengano letti e studiati dai ragazzi”. Lo hanno scordato proprio perché Micheli, autore anche di altri romanzi (Un figlio, ella disse; Tutta la verità) e di alcuni volumi dedicati alla storia della marineria locale (Capitani dell’ultima vela, Gli aratori del mare), era “uno scrittore comunista”, scrive Vitelli, “schierato con gli umili, con quella classe operaia individuata come la classe levatrice della storia e colonna portante di un progetto di società più giusta, libera ed egualitaria”. Sono questi motivi – quell’essersi schierato con gli umili, gli offesi, gli operai – che hanno segnato la cancellazione di Micheli. Ragioni che coincidono con l’abbandono da parte della pretesa sinistra di oggi dei valori che declinano l’essere di sinistra: cioè stare al fianco degli umiliati e offesi, che è peraltro il tema dominante di Pane duro. Valori che, sebbene i tempi siano cambiati, restano fondanti di ogni essere di sinistra. Non farebbe male ai modesti protagonisti della sinistra partitica dei nostri giorni leggere qualche pagina di Micheli. Che diceva del suo romanzo: “Pane duro, una volta scritto lo inviai a Einaudi e fu accolto. Con lusinghiere parole da Cesare Pavese: ‘Il suo romanzo è dei più che spezza ogni vincolo letterario tradizionale’. Il 20 Marzo ’47 mi esortava ancora: ‘Non lo sai che tu sei al mondo per raccontare e per il resto per la fame, la sete, l’astinenza, la mala fine?’ ”.

Il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2023

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