Zelda Scott Fitzgerald

Zelda Scott Fitzgerald. Bella e dannata, la leggenda dell’età del jazz

Di Fernanda Pivano. Sposa e ispiratrice di Francis, morì in una clinica psichiatrica. Gli eccessi a New York e i grandi incontri. La danza e la pittura. Una vita che sembra uscita da un romanzo del marito

Sposa e ispiratrice di di Francis
Morì in una clinica psichiatrica

Gli eccessi a New York e i grandi incontri
La danza e la pittura
Una vita che sembra uscita da un romanzo del marito

di Fernanda Pivano

C’era una volta una bella bambina. Era la figlia, minore di cinque fratelli, di Anthony Sayre, un giudice del Profondo Sud.

La bella bambina, bionda, occhi azzurri, era anche intelligente, spiritosa, capricciosa; ma soprattutto era decisa a fare sempre tutto quello che voleva e le piaceva. Questa decisione l’aveva accompagnata nell’adolescenza e quello che le piaceva più di tutto, diceva, erano i ragazzi e il nuoto. Il padre era intervenuto, aveva cercato di proibirle di uscire la sera; e la figlia scappava dalla finestra, a volte protetta dalla madre.

Corteggiata
Il problema era cominciato più avanti, a quindici anni. Stava diventando la più bella ragazza di Montgomery, e presto lo era diventata, già allieva di una scuola di danza, pronta a togliersi il costume da bagno sul trampolino prima di tuffarsi, decisa ad accettare la corte di molti ragazzi. Era questa la Zelda che nell’estate 1917 migliaia di soldati e aviatori avevano trovato a Montgomery dove erano stati destinati ai campi di addestramento Sheridan and Taylor.

Ed era questa che era stata trovata nel luglio 1918 da uno di loro, Francis Scott Fitzgerald, giovane playboy cattolico e affascinato per sempre, perplesso e geloso, da questa diciottenne che baciava lui e tutti gli altri corteggiatori e non intendeva rinunciare a farlo. Scott si ubriacava come rappresaglia, ma spesso Zelda si ubriacava con lui.

Stavano per incominciare gli anni Venti con la loro enorme carica di trasformazioni del costume: la libertà sessuale raccontata dalla Generazione perduta, la protesta politica, il contrabbando dell’alcol seguito al proibizionismo con il trionfo di Al Capone, l’irresistibile moda degli spacci clandestini chiamati «Speakeases» e la moda dei petting parties, il suffragismo femminile col nuovo costume della donna che si guadagnava la vita.

Scott dopo una corte tormentosa, interrotta in un primo momento da Zelda che non sopportava le difficoltà editoriali del giovanissimo scrittore futura gloria d’America e del mondo, l’aveva sposata quando era uscito il primo romanzo, subito diventato clamoroso bestseller, This Side of Paradise, Di qua dal paradiso. Con questo libro Scott era diventato l’eroe della nuova giovinezza e con Zelda aveva impersonato gli anni Venti chiamandoli Età del jazz e vivendone gli eccessi e le trasformazioni fino a diventarne la leggenda.

È nei pochi giorni della luna di miele che erano avvenuti gran parte degli eccessi della loro leggenda (Scott che attraversa New York sopra il tetto di un taxi gridando la sua felicità, Zelda che per la felicità si tuffa nella fontana di Union Square e Scott che ripete l’azione nella fontana davanti all’Hotel Plaza).

L’immediata celebrità di Scott e il suo fascino gli avevano subito attirato l’amicizia dei protagonisti culturali e sociali della città e Zelda era diventata il soggetto per sempre di tutti i romanzi di Scott. Questo si era visto subito, quando era uscito il romanzo di Scott The Beautiful and Damned, I belli e dannati, il 3 marzo 1922 ed erano usciti molti racconti, che avevano permesso il lusso favoloso di Scott.

Ormai Zelda veniva citata come protagonista della sua leggenda: «Non voglio essere rispettabile perché le ragazze rispettabili non sono attraenti», «I ragazzi ballano più di tutto con le ragazze che li baciano di più», «Gli uomini sposano le ragazze che hanno potuto baciare prima di avere avuto il permesso del papà».

Eppure questa disponibilità non aveva impedito, anni dopo, scene di gelosia esaltate tra loro, nel giugno 1924 quando Zelda nella Villa Marie di St. Raphael si era innamorata dell’aviatore francese Edouard Jozan, diventato nel 1952 viceammiraglio della Marina francese e poi superdecorato, e Scott l’aveva tenuta un mese chiusa a chiave nella sua camera per impedirle di incontrarlo; o nell’agosto 1925 quando Scott si era lasciato corteggiare a una cena a St. Paul de Vence da Isadora Duncan, quarantaseienne, e Zelda si era buttata giù dalle scale di un ristorante rischiando di finire in un burrone.

Questi episodi avvenivano nella Riviera francese, dove Scott e Zelda avevano passato l’estate di quegli anni; ma lì ad Antibes i due protagonisti degli anni Venti avevano creato la moda di dissipazione: sulla spiaggia della Garoupe dove Picasso girava il film Alluria con Rodolfo Valentino e Pola Negri, sulla spiaggia di Antibes dove Alexander Woolcott usciva dal mare vestito solo da un cappello di paglia, all’Hotel Du Cap dove Zelda ballava sul tavolo alzandosi la gonna fino alle spalle e buttando le mutandine ad Alexander Woolcott, sempre sotto gli occhi degli amici, Mistinguette e i poeti americani e Grace Moore e Dos Passos e Max Eastman e altri privilegiati.

Più o meno la stessa scena di presenze illustri Scott aveva vissuto nell’ottobre 1922 quando aveva affittato a Long Island la casa di Great Neck a Gateway Drive dove alle sue feste andavano Gloria Swanson, Sherwood Anderson, John Dos Passos, Dorothy Parker, Ring Lardner, ispirandogli The Great Gatsby, lo straordinario romanzo considerato universalmente il capolavoro della letteratura americana contemporanea.

A interrompere la leggenda era stata la schizofrenia di Zelda, comparsa nell’aprile 1930 a una colazione e durata più o meno fino alla morte, che è avvenuta il 10 marzo 1948, otto anni dopo la morte di Scott.

In famiglia. Zelda Sayre (1900-1948) con il marito Francis Scott Fitzgerald (1896-1940) e la figlia Scottie nata nel 1921
In famiglia. Zelda Sayre (1900-1948) con il marito Francis Scott Fitzgerald (1896-1940) e la figlia Scottie nata nel 1921

Ultimi «I love you»
È facile fare un elenco di sei ospedali. È meno facile fare un elenco delle più o meno 400 lettere d’amore che Zelda aveva scritto a Scott durante l’ultima degenza, lettere di un amore che era continuato finché Scott si era legato a Sheila Graham con la quale era andato a vivere a Hollywood.

Da quel momento Zelda non aveva più finito le lettere dicendo: «I love you» (nella più drammatica aveva detto la frase indimenticabile: «With whatever is left of me I love you»), ma dicendo «devotedly» è non le aveva più cominciate con «Dear Do-Do», il nomignolo che gli aveva sempre dato, ma con un informale «Dear Scott».

Zelda aveva cercato di raggiungere la sua indipendenza, se non economica almeno professionale, studiando danza fino a logorarsi e poi dipingendo quadri drammatici, apprezzati da Malcolm Cowley, per «la freschezza, l’immaginazione, il ritmo e un vigore grottesco», acquistati a una mostra (organizzata da Scott) da Dorothy Parker e da Gerald Murphy.

Quella sera Scott aveva detto a Cowley: «Quella ragazza aveva tutto… Era la “bella” di Montgomery, la figlia del capo della magistratura dell’Alabama… Tutti la conoscevano, tutti quelli che contavano. Aveva bellezza, talento, famiglia, poteva fare tutto quello che voleva e ha buttato tutto via».

Malcolm Cowley gli aveva risposto: «Questo sembra uscito da uno dei tuoi racconti».

Corriere della Sera, 17 Agosto 2002

Torna in alto