di Jasim Al-Azzawi
Negli ultimi anni, i governi di tutto il mondo hanno osservato con grande attenzione i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. Si dice che in questi teatri si intravedano le prime anticipazioni di come sarà la guerra del futuro, non solo in termini di armamenti, ma anche per quanto riguarda nuove tecnologie e tattiche.
Più recentemente, gli attacchi congiunti Stati Uniti-Israele contro l’Iran hanno mostrato non solo nuove strategie di impiego dei droni e di infiltrazione, ma anche nuove vulnerabilità. Durante i dodici giorni di conflitto, l’Iran e le imbarcazioni nelle acque del Golfo hanno subito ripetute interruzioni del segnale GPS.
Questo sentimento è uno dei principali motori dietro la creazione di sistemi nazionali o regionali di navigazione satellitare, dal Galileo europeo al GLONASS russo, ognuno dei quali ambisce a una quota del mercato globale della geolocalizzazione e promette una forma percepita di controllo sovrano.
Il GPS non è stata l’unica vulnerabilità che l’Iran ha incontrato durante gli attacchi congiunti USA-Israele. L’esercito israeliano è riuscito ad assassinare diversi scienziati nucleari e alti comandanti delle forze di sicurezza e militari iraniane. Il fatto che Israele sia riuscito a individuare con precisione la loro posizione ha sollevato timori di un’infiltrazione nei sistemi di telecomunicazione e della possibilità di tracciamento tramite i telefoni cellulari.
Il 17 giugno, mentre il conflitto era ancora in corso, le autorità iraniane hanno invitato la popolazione a smettere di usare l’app di messaggistica WhatsApp e a cancellarla dai propri telefoni, affermando che stava raccogliendo informazioni sugli utenti da inviare a Israele. Non è chiaro se questo appello fosse direttamente collegato agli assassinii degli alti funzionari, ma la diffidenza iraniana nei confronti dell’app gestita dalla società statunitense Meta non è priva di fondamento.
Gli esperti di cybersicurezza sono da tempo scettici riguardo alla sicurezza dell’app. Recentemente, alcune inchieste giornalistiche hanno rivelato che il software di intelligenza artificiale utilizzato da Israele per colpire obiettivi palestinesi a Gaza riceverebbe dati provenienti dai social media. Inoltre, poco dopo la fine degli attacchi contro l’Iran, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha votato per vietare l’uso di WhatsApp sui dispositivi ufficiali.
Per l’Iran e per altri paesi nel mondo, le implicazioni sono chiare: le piattaforme occidentali non possono più essere considerate semplici canali di comunicazione; sono ormai viste come strumenti di una più ampia guerra d’intelligence digitale.
Teheran ha già avviato lo sviluppo di un proprio sistema intranet, la Rete Nazionale d’Informazione, che consente alle autorità statali un controllo maggiore sull’utilizzo di internet. In futuro, è probabile che l’Iran espanda ulteriormente questo progetto, cercando forse di emulare il Great Firewall cinese.
Nel tentativo di rompere con le infrastrutture dominate dall’Occidente, Teheran si sta allineando in modo definitivo a una sfera d’influenza in crescita che sfida radicalmente il predominio occidentale. Questa partnership va ben oltre lo scambio commerciale: la Cina offre all’Iran strumenti essenziali per una reale indipendenza digitale e strategica.
Il contesto più ampio di tutto questo è rappresentato dalla colossale iniziativa cinese della Belt and Road Initiative (BRI). Sebbene spesso venga presentata come un progetto di infrastrutture e commercio, la BRI è sempre stata molto più di strade e porti. Si tratta di un ambizioso piano per costruire un ordine globale alternativo. L’Iran – strategicamente posizionato e fornitore chiave di energia – sta diventando un partner sempre più importante in questa vasta visione.
Quello a cui stiamo assistendo è l’emergere di un nuovo e potente blocco tecnologico – uno che unisce in modo inscindibile infrastruttura digitale e un comune spirito di sfida politica. I paesi stanchi dei doppi standard dell’Occidente, delle sanzioni unilaterali e dell’egemonia digitale opprimente troveranno sempre più conforto e un notevole margine di manovra nell’influenza crescente di Pechino.
Questo rapido cambiamento segna l’inizio di una nuova “guerra fredda tecnologica”, una contrapposizione a bassa intensità in cui le nazioni sceglieranno sempre più la propria infrastruttura critica – dalla navigazione alle comunicazioni, dai flussi di dati ai sistemi di pagamento – non tanto in base alla superiorità tecnologica o alla copertura globale, ma piuttosto in funzione dell’allineamento politico e della sicurezza percepita.
Man mano che un numero crescente di paesi seguirà questa strada, il vantaggio tecnologico dell’Occidente inizierà a ridursi in tempo reale, dando luogo a un ridisegno degli equilibri di potere internazionali.
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