La Pfizer è servita

Von der Leyen rischia la sfiducia per il Pfizergate, ma i partiti la proteggono. L’Europa affonda tra scandali, opacità e accuse di “putinismo”.

di Alberto Piroddi

Giovedì il Parlamento europeo potrebbe fare la cosa giusta, e quindi non la farà. In un mondo ideale, in un’Europa dotata anche solo di un residuo di decenza democratica, Ursula von der Leyen avrebbe già lasciato il suo incarico da mesi, forse anni. Invece è ancora lì, inchiodata al seggiolone della Commissione Europea come se nulla fosse, anche dopo essere finita al centro dello scandalo più opaco, grave e costoso della storia recente delle istituzioni europee: il cosiddetto Pfizergate, ovvero la trattativa privata via sms tra la presidente della Commissione e Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer, per l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccino. Dosi inutilizzate, buttate, scadute, pagate a peso d’oro coi soldi dei cittadini. Nessuno sa cosa si siano scritti. E nessuno, se non qualche rompiscatole al Parlamento europeo, osa più chiederlo.

Poi uno si chiede perché i cittadini europei disertano le urne, perché crescono i partiti “populisti”, perché si moltiplicano le liste di protesta. La risposta è sotto gli occhi di tutti: quando chi comanda sbaglia, ruba, mente o manipola, viene premiato. E chi lo denuncia, viene accusato di fare il gioco di Putin. È accaduto con Julian Assange, accade oggi con chi osa avanzare dubbi sull’onestà e la trasparenza di von der Leyen. Il suo scandalo non è stato oggetto di nessuna vera inchiesta giornalistica dei grandi media italiani, che preferiscono parlare di Orban, di Meloni, o di “disinformazione russa”. Quando il Parlamento europeo ha finalmente deciso di votare una mozione di sfiducia – una procedura prevista e legittima in qualsiasi democrazia – Ursula si è messa in modalità “Madre dell’Europa” e ha tuonato contro “complottisti”, “burattini di Putin” e “estremisti”. Non ha replicato nel merito. Non ha detto: “Ecco gli sms, ecco le cifre, ecco i documenti”. Ha fatto la vittima. Il che, come tutti sanno, è il riflesso automatico dei colpevoli.

Ieri in aula è stata fischiata. Ma tranquilli: giovedì non cadrà. Perché il sistema si protegge da solo. I Popolari europei sono la sua assicurazione sulla vita. I Socialisti le fanno la guerra a parole e poi il giorno del voto abbassano la testa. I Verdi hanno il cuore a sinistra e il portafoglio in Renew. E i sedicenti sovranisti? Ah, meraviglia: Fratelli d’Italia, gli eredi di “patria, popolo e trasparenza”, hanno già annunciato che voteranno contro la sfiducia. Nicola Procaccini, eurodeputato meloniano e co-presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti (quello che ha presentato la mozione), ha detto che FdI lascerà libertà di coscienza. Un modo elegante per dire che non ci metteranno la faccia. E che, anzi, voteranno per salvare la poltrona della donna che ha consegnato l’Europa ai colossi farmaceutici e che, come premio, vuole un secondo mandato.

Il motivo? Fitto. No, non lo dico in senso generico. Proprio lui: Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei e plenipotenziario meloniano a Bruxelles. Non si può far cadere Ursula senza far cadere anche lui. Non si può accusare Ursula di opacità, di conflitto d’interessi, di gestione privatistica della pandemia, senza che qualcuno chieda conto anche al governo italiano. Che, va detto, ha beneficiato a piene mani di quella stessa opacità. La retorica sovranista si scontra col manuale Cencelli. La rivoluzione finisce sotto al tappeto.

I 5 Stelle invece voteranno la sfiducia. Una notizia, ormai. Sono gli unici a ricordarsi, ogni tanto, che erano nati per fare da cane da guardia al potere, non per accarezzarlo. Il PD? Balbetta. Zingaretti ha detto che “von der Leyen deve cambiare passo”. Sì, certo: magari marciare all’indietro. La capogruppo Iratxe Garcia Perez ha accusato il PPE di essere responsabile dell’ascesa della destra. Curioso: fino a ieri erano tutti insieme appassionatamente a costruire la “maggioranza Ursula”, il mostro a tre teste che univa popolari, socialisti e liberali. Adesso fanno finta di litigare, ma poi si ricompatteranno. Perché chi tocca Ursula muore.

Il punto politico, però, è un altro: l’Europa si sta autodistruggendo. E lo fa nel momento peggiore. Con una guerra in corso, con una crisi energetica ancora irrisolta, con una recessione che bussa alla porta. Cosa fa Bruxelles? Si lega mani e piedi a Washington, segue le guerre d’altri come un cagnolino addestrato, compra armi americane con soldi europei, e butta milioni in vaccini mai usati. Chiunque osi alzare la mano e chiedere trasparenza, finisce nella lista dei “putiniani”. C’è una sindrome da accerchiamento che rasenta la psicosi. La presidente della Commissione si permette di bollare come agenti del nemico i suoi stessi parlamentari. Nessuno la richiama all’ordine. Nessuno le dice che le istituzioni europee non sono sua proprietà personale.

C’è un tratto autoritario, quasi monarchico, nell’atteggiamento di von der Leyen. Da tempo la sua leadership è slegata da ogni meccanismo democratico: decide lei, tratta lei, firma lei, cancella gli sms lei. E se provi a chiedere: “Ma scusi, chi ha firmato quel contratto con Pfizer? Chi ha deciso le cifre? Dove sono i documenti?”, ti rispondono: “Zitto, putiniano!”. Sembra il copione del “MinCulPop”, ma con il bollino blu dell’Unione europea.

Che poi il bello è che nessuno mette in discussione i vaccini in sé. Il punto non è scientifico, è politico. È lecito – anzi, doveroso – chiedere perché siano stati comprati così tanti vaccini da farci due pandemie. Perché siano stati trattati a livello personale, senza gare, senza verbali, senza trasparenza. E perché Ursula von der Leyen, da presidente della Commissione, non risponda al Parlamento che dovrebbe controllarla.

Giovedì il Parlamento europeo ha un’occasione storica. Rarissima. Può dimostrare di non essere solo una comparsa, una tappezzeria, un organo decorativo. Può dire: “Basta. Chi sbaglia, paga”. Oppure può confermare che l’Europa è diventata la caricatura di sé stessa. Una burocrazia autoreferenziale, senza popolo, senza radici, senza coraggio. Dove chi dissente è un nemico. E chi governa lo fa senza rendere conto a nessuno.

Scommettiamo su cosa accadrà?

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