“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”

Il Gattopardo e la disillusione del Risorgimento. Un'analisi della celebre frase di Tancredi e del suo significato storico e sociale.

La frase “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” è una delle più celebri del romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958. Questa massima, pronunciata dal giovane Tancredi Falconeri, nipote del protagonista, il Principe di Salina, Don Fabrizio Corbera, coglie l’essenza del tumulto socio-politico che caratterizza il periodo storico rappresentato nel libro, ossia l’Unità d’Italia e il declino dell’aristocrazia siciliana nel corso del XIX secolo.

Il contesto storico di Il Gattopardo è quello del Risorgimento italiano, un periodo di profondi cambiamenti politici, sociali ed economici che portarono all’unificazione della penisola italiana sotto la corona di Casa Savoia. Questa epoca vide l’aristocrazia, classe sociale da secoli dominante, confrontarsi con la necessità di adattarsi a un mondo in rapido mutamento, in cui il potere e l’influenza stavano gradualmente spostandosi verso la borghesia emergente e verso le nuove istituzioni dello stato nazionale.

La frase di Tancredi rappresenta una profonda riflessione sulla natura del cambiamento e sulla resistenza ad esso. Da un lato, sottolinea l’astuzia e il pragmatismo necessari all’aristocrazia per preservare il proprio status in un’era di trasformazioni radicali. L’idea che “bisogna che tutto cambi” per “che tutto rimanga com’è” evidenzia la consapevolezza che solo attraverso un’adattabilità superficiale, mantenendo inalterate le strutture di potere sottostanti, si possa conservare l’influenza e il privilegio.

Dall’altro, la frase esprime un cinismo verso le promesse di rinnovamento e progresso portate dal Risorgimento. Lampedusa, attraverso il suo personaggio, suggerisce che, nonostante le apparenti rivoluzioni e i cambiamenti di facciata, le dinamiche di potere e le disuguaglianze sociali restano sostanzialmente invariate. La nobiltà può concedere il cambiamento in superficie, aderire simbolicamente ai nuovi ideali, ma solo nella misura in cui ciò non comprometta la propria posizione privilegiata.

Questa visione del cambiamento come qualcosa di superficiale, che non intacca le fondamenta della società ma serve piuttosto a preservarle, è un tema ricorrente nel romanzo e riflette una visione pessimistica della storia e della politica. Lampedusa, discendente dell’aristocrazia siciliana, attraverso il realismo e la malinconia che permeano l’opera, offre una critica alla caducità dell’ideale risorgimentale e alla resistenza al cambiamento che caratterizza sia la nobiltà che, più in generale, la società umana.

In sintesi, la celebre frase del Gattopardo encapsula la complessità del rapporto tra tradizione e modernità, tra conservazione e rinnovamento, in un periodo di profonda trasformazione storica. Attraverso il microcosmo siciliano, Lampedusa riflette sulle costanti della condizione umana, sulla resistenza al cambiamento e sull’illusione del progresso, temi universali che trascendono il contesto specifico del Risorgimento italiano.

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