Storia della lettura nel mondo occidentale

Un'opera pionieristica che traccia l'evoluzione delle pratiche di lettura dall'antichità al digitale, mostrando come il leggere non sia costante ma muti storicamente.

Storia della lettura nel mondo occidentale, curato da Guglielmo Cavallo e Roger Chartier per Laterza nel 1995, rappresenta un’opera pionieristica che ha profondamente rinnovato il modo di concepire e studiare la storia culturale dell’Occidente. Il volume si distingue per l’ambizione del suo progetto: tracciare una storia di lunga durata delle pratiche di lettura dall’antichità greca fino alla rivoluzione digitale contemporanea, superando la tradizionale storia del libro per concentrarsi sui lettori e sulle loro modalità concrete di appropriazione dei testi.

L’intuizione fondamentale che guida l’intera opera è che la lettura non costituisce un’invariante antropologica, una pratica immutabile nel tempo, ma piuttosto un insieme di gesti, competenze e convenzioni storicamente determinati che si trasformano in relazione ai mutamenti tecnologici, sociali e culturali. Questa prospettiva rovescia l’approccio tradizionale della storia letteraria, che tendeva a considerare il testo come entità autonoma dotata di un significato intrinseco, per sottolineare invece come ogni testo acquisti significato solo nell’incontro con i suoi lettori, i quali lo interpretano secondo modalità e codici propri del loro tempo e del loro ambiente sociale.

Il riferimento iniziale a Michel de Certeau non è casuale: la distinzione tra la scrittura che accumula e conserva e la lettura come pratica nomade e creativa fornisce il quadro teorico entro cui si muove l’intera ricerca. I curatori sviluppano questa intuizione mostrando come i lettori non siano mai confrontati con testi astratti ma sempre con oggetti materiali specifici – rotoli, codici, libri stampati, schermi – le cui forme influenzano profondamente le possibilità di comprensione e interpretazione. Questa attenzione alla materialità del testo e alle sue trasformazioni costituisce uno degli apporti più innovativi del volume, che anticipa molti sviluppi successivi della storia del libro e della bibliografia materiale.

La struttura cronologica dell’opera permette di seguire le grandi trasformazioni che hanno segnato la storia della lettura occidentale. Il mondo greco-romano emerge come laboratorio iniziale dove si sperimentano diverse modalità di rapporto con lo scritto: dalla lettura come performance vocale e sociale alla graduale affermazione di pratiche silenziose e individuali, dalla funzione inizialmente conservativa del libro alla sua progressiva trasformazione in strumento di lettura effettiva. L’analisi del vocabolario greco per indicare l’atto del leggere – dal semplice “distribuire” al “percorrere attentamente” – rivela una sofisticata consapevolezza delle diverse modalità di appropriazione del testo già nell’antichità.

Il passaggio al medioevo segna una cesura fondamentale, particolarmente nell’Occidente latino dove la lettura si ritira negli spazi monastici e assume connotazioni prevalentemente spirituali. L’affermazione della lettura silenziosa, favorita dalla struttura del codice e dalle esigenze della vita monastica, rappresenta una trasformazione capitale che avrà conseguenze durature. Significativo è il contrasto con Bisanzio, dove la continuità con le pratiche antiche mantiene viva la lettura ad alta voce e un rapporto più secolare con il libro. Questa comparazione illumina come percorsi storici diversi producano culture della lettura radicalmente differenti anche all’interno del mondo cristiano.

La rinascita urbana e universitaria dei secoli XI-XIV introduce nuove pratiche che trasformano il libro in strumento di lavoro intellettuale. L’elaborazione di complessi apparati di consultazione – indici, sommari, rinvii – e la nascita delle biblioteche universitarie con libri incatenati ma accessibili segnano l’emergere di una lettura di studio sistematica e silenziosa. Parallelamente, lo sviluppo della letteratura in volgare e delle biblioteche signorili testimonia la diversificazione dei pubblici e delle funzioni della lettura.

L’analisi delle “rivoluzioni della lettura” in età moderna costituisce uno dei contributi più originali del volume. La prima rivoluzione, che precede Gutenberg, riguarda la generalizzazione della lettura silenziosa; la seconda, nel XVIII secolo, il passaggio dalla lettura intensiva alla lettura estensiva; la terza, contemporanea, l’avvento del digitale. Tuttavia, i curatori mostrano come queste trasformazioni non siano lineari né assolute: già gli umanisti del Rinascimento praticavano forme di lettura estensiva con la tecnica dei luoghi comuni, mentre il romanzo settecentesco genera paradossalmente nuove forme di lettura intensiva ed emotiva.

Particolarmente illuminante è l’analisi dei modelli di lettura che si succedono e si sovrappongono nel tempo. Il modello umanistico, con i suoi emblemi della ruota da libri e del quaderno dei luoghi comuni, rivela una pratica erudita di accumulo e confronto testuale che anticipa per certi versi l’ipertestualità contemporanea. Le letture spirituali delle riforme religiose mostrano come le pratiche di lettura siano profondamente intrecciate con le trasformazioni religiose e come le differenze più significative non corrano necessariamente lungo le linee confessionali tradizionali ma attraversino trasversalmente il mondo cristiano.

L’attenzione alla dialettica tra costrizioni e libertà nella pratica della lettura costituisce un altro elemento di forza dell’opera. Le censure ecclesiastiche e statali, le strategie editoriali, le convenzioni formali dei testi pongono limiti all’interpretazione, ma i lettori mantengono sempre margini di libertà nell’appropriarsi dei testi, nel reinterpretarli, nel sovvertirne i significati previsti. Questa tensione tra controllo e creatività attraversa l’intera storia della lettura e assume forme diverse nelle varie epoche.

Il volume anticipa con notevole lungimiranza le trasformazioni contemporanee della lettura digitale, cogliendone le potenzialità rivoluzionarie: la possibilità per il lettore di intervenire attivamente sul testo, l’abolizione della distinzione tra luogo del testo e luogo del lettore, la realizzazione potenziale dell’antica utopia della biblioteca universale. Queste riflessioni, formulate quando la rivoluzione digitale era ancora agli inizi, si sono rivelate profetiche.

L’opera ha avuto un impatto duraturo sugli studi storici e culturali, contribuendo a fondare la storia della lettura come campo disciplinare autonomo e influenzando profondamente il modo di concepire la storia culturale. La sua forza risiede nella capacità di intrecciare approcci diversi – storia sociale, bibliografia materiale, storia delle mentalità – in una sintesi originale che illumina aspetti fondamentali della civiltà occidentale. Mostrando come le società occidentali siano state fin dall’antichità società della lettura, ma come questa lettura si sia continuamente trasformata, il volume offre una chiave interpretativa potente per comprendere le grandi trasformazioni culturali, religiose e politiche dell’Occidente.

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Ben lungi dall’essere scrittori, fondatori di un luogo proprio, eredi, sul terreno del linguaggio, dei contadini del passato, scavatori di pozzi e costruttori di dimore, i lettori sono viaggiatori: circolano sulle terre altrui, come nomadi che cacciano di frodo attraverso i campi che non hanno scritto, razziando i beni d’Egitto per trarne godimento. La scrittura accumula, immagazzina, resiste al tempo stabilendo un luogo e moltiplica la sua produzione mediante l’espansionismo della riproduzione. La lettura non si garantisce contro l’usura del tempo (ci si dimentica e la si dimentica), non conserva o conserva male quanto ha acquisito e ciascuno dei luoghi ove passa è ripetizione del paradiso perduto¹.

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